RIFIUTI: IL “PROBLEMA JURASSIC PARK”
Il tema del film “Jurassic Park” (e del libro di M. Crichton da cui è tratto) era che riportare in vita creature estinte da milioni di anni poteva causare uno squilibrio dell’ecosistema con tutti i danni associati; incluso il fatto che diversi dei protagonisti finivano divorati da un tirannosauro.
Nella realtà, non stiamo creando tirannosauri ma stiamo comunque introducendo nella biosfera grandi quantità di sostanze che la biosfera stessa aveva eliminato e sepolto nel corso di processi geologici durati milioni di anni. Queste sostanze sono in gran parte prodotti, diretti e indiretti, della combustione degli idrocarburi fossili (petrolio, gas e carbone). Li chiamiamo “rifiuti” e sono un problema che a lungo andare potrebbe divorarci tutti. A volte parliamo anche di “inquinamento” che, alla fine dei conti, è causato dai rifiuti: se non ci fossero rifiuti non ci sarebbe neanche inquinamento.
Gli esseri umani sono l’unica specie sul pianeta ad avere un problema con i rifiuti che producono. La biosfera, l’insieme delle creature viventi, è un ciclo chiuso dove quello che per una specie è rifiuto, per un’altra è cibo. E’ stato così per circa quattro miliardi di anni e anche per gli esseri umani il “problema rifiuti” è cosa recente. Ma non è un problema da poco; bastano pochi giorni di sciopero delle aziende di raccolta per mettere in ginocchio una città intera. Ancora peggiore è l’accumulo di rifiuti velenosi che può distruggere interi ecosistemi e fare danni immensi agli esseri umani stessi.
L’atteggiamento umano verso i rifiuti, poi è spesso guidato da considerazioni emozionali basati sul concetto “qualsiasi cosa va bene, purchè non li veda e non ne senta l’odore”. Questo causa spesso la preferenza verso metodi drastici (per esempio l’incenerimento) che esaminati in dettaglio si rivelano come palliativi se non, addirittura, peggiorativi del problema.
Queste note esaminano il “problema rifiuti” partendo dalle sue origini che risultano essere, in fin dei conti, l’uso e l’abuso dei combustibili fossili.
Cosa sono i rifiuti. I rifiuti sono principalmente il prodotto dell’attività industriale umana. La società agricola, come la biosfera, ricicla rapidamente e in modo efficiente i propri prodotti. E’ solo da un secolo o giù di lì che l’accumularsi di prodotti industriali non voluti ha portato a considerare i rifiuti come un problema grave, molto peggiorato dall’incremento della popolazione.
Possiamo classificare i rifiuti in tre classi principali:
1. Rifiuti derivanti (direttamente o indirettamente) dai combustibili fossili: gas nell’atmosfera (biossido di carbonio, metano, particolato, ecc.) solidi come plastica, carta, metalli, inerti, ecc.
2. Rifiuti derivanti dal metabolismo umano o dall’attività dell’industria alimentare: liquami, avanzi vegetali e animali, olii, ecc.
3. Rifiuti nucleari (detti anche “scorie”)
Non ci occuperemo qui delle scorie nucleari, che sono al momento abbastanza sotto controllo ma che diventerebbero un problema irrisolvibile nel caso che si volesse realizzare la grande espansione dell’industria nucleare che alcuni propongono. Per completezza, dovremmo citare fra i rifiuti derivanti dai combustibili fossili anche la presenza di un “rifiuto termodinamico” che è il calore prodotto dalle attività umane. Per fortuna, fatti i dovuti conti, questo sembra essere per il momento una frazione infinitesimale (circa un decimillesimo) del calore che deriva dal sole, anche se puo’ causare problemi a livello locale. Del pari, potremmo parlare anche di “rifiuti elettromagnetici” che sono le onde elettromagnetiche disperse nell’ambiente dai vari aggeggi (telefonini, radio, ecc.) che ne fanno uso. In questo caso, non sappiamo con precisione quali possano essere i danni alla salute umana di queste radiazioni; tuttavia perlomeno non si accumulano nell’ambiente e quindi non sembrano un problema altrettanto grave di altri.
Esamineremo ora in un certo dettaglio i problemi e le caratteristiche dei rifiuti.
Danni prodotti dai rifiuti. Il problema rifiuti non è solo estetico, anche se spesso viene percepito in questi termini. Non è tanto questione di affogare nei propri rifiuti, cosa abbastanza improbabile, quanto di avere gravi danni dalla frazione tossica dei rifiuti stessi, o da composti che, anche se non tossici, danneggiano comunque l'ambiente.
1. Rifiuti gassosi. Si tratta principalmente di prodotti della combustione dei combustibili fossili e dei loro derivati. Questi rifiuti possono fare danni immensi e hanno il doppio svantaggio di non essere controllabili e di essere spesso invisibili e non percepibili dal naso umano. Elenchiamo qui i principali
- Biossido di carbonio (CO2), prodotto inevitabile della combustione degli idrocarburi. Non è di per se velenoso, ma è il principale responsabile del riscaldamento planetario osservato negli ultimi anni. Pertanto ha l’interessante caratteristica di essere potenzialmente in grado di distruggere l’intera biosfera per surriscaldamento dell’atmosfera: non uno scherzetto da poco.
- Prodotti della combustione incompleta. Radicali organici, diossina, particolato e altra robetta. Sono quasi tutti cancerogeni e estremamente dannosi, sono anche subdoli perché sono spesso inodori e attivi anche in quantità infinitesimali.
- Gas grodotti dell’attività batterica. Accenniamo a questo fattore unicamente perchè – in quanto percepibili anche in quantità infinitesimali dal naso umano - sono la cosa di cui la gente si lamenta principalmente. In realtà sono completamente innocui e vengono rapidamente eliminati dalla biosfera da processi naturali.
2. Rifiuti liquidi. Qui abbiamo a che fare soprattutto con sottoprodotti industriali e prodotti dei metabolismo umano e animale.
- Prodotti della lavorazione degli idrocarburi. Solventi, sgrassanti, lubrificanti, insetticidi, eccetera. Entrano nella biosfera in quantità immense e finiscono con l’accumularsi nei corsi d’acqua e nelle falde acqufere. Costituiscono un grave problema ma, per fortuna, sono di solito biodegradabili anche se lentamente.
- Soluzioni di metalli pesanti. Risultanti dell’industria estrattiva e manufatturiera (resa possibile dall’energia prodotta dai combustibili fossili). Quasi tutti i metalli pesanti sono potenti veleni metabolici e si accumulano progressivamente nei corpi umani e animali causando danni per il momento difficili a stimare ma che potrebbero essere molto gravi. Un triste esempio è quello del piombo tetraetile, per decenni additivo della benzina, oggi eliminato (non senza difficoltà) ma che continua a essere presente in quantità pericolose nei tessuti umani. Lo stesso vale per il mercurio, che si continua ad usare, ma che si accumula pericolosamente nella catena alimentare al cui vertice ci sono gli esseri umani.
- Reagenti chimici. (acido solforico, nitrico, ecc) Sostanze chimicamente molto attive, causano danni locali e corrosione, ma per il fatto stesso di essere molto attivi tendono a sparire rapidamente.
- Fertilizzanti. (fosfati, nitrati e altro) Prodotti in quantità immense dall’industria chimica e estrattiva, queste sostanze vengono dilavate dalle pioggie e si accumulano nei mari. Non sono, tecnicamente, velenosi, ma causano fenomeni di squilibrio incontrollati della biosfera (eutrofizzazione, ovvero la crescita disordinata delle alghe a spese della fauna ittica)
- Liquami umani e da animali di allevamento. Hanno l’inconveniente dei cattivi odori e possono avere una carica batterica pericolosa. Tuttavia non sono un vero problema se non a livello locale. Non si accumulano nella biosfera e in generale non fanno danni a meno che uno non abbia la disgraziata idea di fare il bagno alla bocca di uscita di una fogna.
3. Rifiuti solidi. I rifiuti solidi sono quasi sempre un problema meno grave rispetto alle altre forme. Sfortunatamente, il fatto stesso di essere solidi li rende visibili e quindi percepiti come un problema ben maggiore di quello che in effetti sono. Si parla spesso della necessità di “ridurre il volume” dei rifiuti solidi. Questa è una buona cosa, tuttavia, conti alla mano, si vede che questo è un problema molto sopravvalutato. Se pensiamo al valore attuale di circa 500 Kg/ anno per persona, questo corrisponde a meno di 500 litri compattati. In vent’anni, questo corrisponde a 10 metri cubi a persona, un volume che corrisponde a quello di una piccola stanza. Una città di un milione di persone potrebbe produrre circa 10 milioni di metri cubi di rifiuti in vent’anni, che occuperebbero, molto approssimativamente, qualche decina di ettari terreno; l’area di una grande discarica che è molto piccola rispetto all’area della città stessa.
- Rifuti solidi inorganici o inerti: carta, plastica, tessuti, ceramiche, residui di costruzione. Tutti questi rifiuti derivano o direttamente dai combustibili fossili (plastica) o indirettamente (carta, inerti, ecc.) L’unico problema che questi rifiuti danno è quello di occupare un certo volume per cui devono essere trasportati lontano dalle fonti di produzione.
- Rifiuti solidi biologici. Deiezioni organiche umane e animali, rifiuti di cibo, biomassa agricola di scarto. Danno un problema di volumi, in aggiunta sono soggetti alla degradazione batterica per cui possono dare cattivi odori e, occasionalmente, produrre liquami.
Cosa fare dei rifiuti?
L’atteggiamento degli esseri umani nei riguardi dei rifiuti da loro stessi prodotti è spesso uno di completo “rifiuto.” Questo è probabilmente un riflesso dell’atteggiamento ancestrale verso le proprie deiezioni organiche.
Ma, in realtà, che cosa dobbiamo fare dei rifiuti? L’esempio ovvio che dovrebbe guidarci è la biosfera che, come abbiamo detto, non accumula rifiuti ma li ricicla immediatamente via via che vengono prodotti. E’, in effetti, uno dei punti fermi del movimento ambientalista, quello che i rifiuti dovrebbero essere riciclati e non abbandonati o bruciati.
Purtroppo, come abbiamo visto, la causa principale dell’accumulo di rifiuti è l’introduzione nella biosfera di sostanze aliene alla biosfera stessa (il “problema Jurassic Park”). Molte di queste sostanze, semplicemente non sono riciclabili da processi biologici. Per esempio, l’eccesso di CO2 immesso nell’atmosfera non è rimediabile in termini biologici. Lo stesso vale, per esempio, per cose come i composti clorurati (insetticidi, diossine, ecc.), metalli pesanti (piombo, mercurio ecc.) che si accumulano progressivamente nella biosfera e non c’è nessun processo biologico che li possa eliminare. Comunque vada, quindi, vale il principio di conservazione della massa: i rifiuti, come ogni altra cosa, si possono trasformare ma non eliminare. Solo processi geologici possono seppellire a grande profondità i rifiuti e quindi “eliminarli” a tutti gli effetti pratici. Questi sono processi molto lenti e il concetto di “lungo andare” implica migliaia, se non milioni, di anni. Quindi, ci sono dei limiti a quello che – anche con tutta la buona volontà – si può fare per risolvere il problema dei rifiuti.
Vediamo ora di riassumere quanto detto classificando le varie strategie possibili per confrontarsi con i rifiuti, che sono sostanzialmente cinque: 1) dispersione, 2) concentrazione, 3) sequestrazione, 4) trasformazione, e 5) riduzione alla fonte. (in ordine approssimato di crescente efficacia)
- Dispersione (la strategia della ciminiera). Si tratta di disperdere i rifiuti nell’ambiente con l’idea di portare a livelli infinitesimali la concentrazione di sostanze velenose e/o offensive all’olfatto. Era la vecchia idea della ciminiera che disperdeva i prodotti della combustione in aria. Un altro esempio è quello di buttare gli scarichi industriali nei fiumi. Ci vuole poco a capire che questi sono pessimi sistemi che, per fortuna, sono normalmente proibiti dalla legge, anche se continuano illegalmente in molte aree.
- Concentrazione (la strategia del bidone dell’immondizia). E’ la strategia contraria a quella della dispersione. Si tratta qui di concentrare i rifiuti in una zona di piccolo volume, sperando che non facciano danni e che si vedano il meno possibile. Tutti utilizziamo questa strategia a livello domestico quando concentriamo i rifiuti nel bidone della spazzatura. Su scala più vasta, le vecchie discariche erano esempi di concentrazione. Anche qui, il problema non viene mai veramente eliminato e spesso ritorna per vendicarsi con problemi di “troppo pieno.”
- Sequestrazione (La strategia del gatto). E’ un considerevole passo avanti rispetto alla concetrazione. Si tratta non solo di concentrare in un certo luogo, ma anche di accertarsi che questo luogo sia tale che i rifiuti siano rimossi dal contatto con la biosfera e che non possano fare danni. Questo è quello che si intende quando si parla di “sequestrare la CO2” per ridurre l’effetto serra, ovvero ripomparla nei pozzi di petrolio vuoti. Questo però è costoso e per ora non si fa. Se si usano adegate precauzioni, tuttavia, seppellire i rifiuti solidi è un sistema di sequestrazione, cosa che si fa nelle discariche moderne.
- Trasformazione (la strategia del riciclaggio). Si tratta di trasformare un rifiuto in qualcosa di utile. E’ una cosa che già si fa con ottimi risultati per tutti i rifiuti biologici attraverso processi naturali tipo compostaggio, fermentazione, eccetera. Più difficile, ma non impossibile, riciclare prodotti artificiali. Per esempio trasformare la plastica usata in materiale per costruzioni edili è un esempio non solo di riciclaggio ma anche di sequestrazione. Per contro, bisogna anche stare attenti che la trasformazione serva a creare qualcosa di utile e non dannoso. Bruciare la plastica la trasforma in CO2, ma è semplicemente trasformare un rifiuto in un altro, in questo caso molto più dannoso.
- Riduzione alla fonte (La strategia “rifiuti zero”). Il metodo potenzialmente più efficace, anche se il più difficile. Si sono fatti grandi progressi nell’eliminare sostanze pericolose dai cicli produttivi. Inoltre, la gestione avanzata dei processi produttivi industriali rende possibile riciclare internamente molti dei prodotti delle lavorazioni. La fabbrica a “rifiuti zero” è ancora una rara eccezione, ma non è impossibile. Tuttavia la produzione di rifiuti rimane inerente al fatto stesso di consumare combustibili fossili. Non si potrà mai veramente parlare di “rifiuti zero” finchè non ci saremo liberati da un ciclo insostenibile per instaurarne uno sostenibilie.
Valutazione dei metodi pratici. Alla luce di quanto detto sopra, vediamo ora di dare una valutazione di massima dei metodi che vengono usati in pratica per rimuovere i rifiuti solidi dalla vista e dall’olfatto dei cittadini. Anche qui, andiamo in ordine approssimato di efficacia, partendo dal pessimo per arrivare, se possibile, all’ottimo.
- Inceneritori. Gli inceneritori bruciano i rifiuti solidi urbani, ovvero principalmente carta, plastica e biomassa. Le ultime generazioni possono anche generare elettricità, per questo sono chiamati da alcuni “termovalorizzatori”. La capacità di produrre elettricità e, occasionalmente, calore per il riscaldamento domestico, è comunque un’aggiunta recente a un metodo che è nato principalmente per ridurre il volume dei rifiuti solidi. Si teme molto l’inquinamento gassoso prodotto dagli inceneritori, ma questo può essere tenuto sotto controllo con vari accorgimenti, anche se esistono problemi insolubili con le particelle molto fini. Gli svantaggi dell’inceneritore sono sostanzialmente due: il primo che è costoso, il secondo che non risolve nessun vero problema. La riduzione del volume dei rifiuti può essere considerata marginalmente utile, ma è un illusione pensare che l’inceneritore distrugga i rifiuti. Viceversa, semplicemente li trasforma generando grandi quantità di gas serra che si potrebbero tranquillamente evitare. Inoltre, l’inceneritore si trova a competere con il riciclaggio per le stesse cose: plastica e carta e rischia di trovarsi senza combustibile qualora si sia instaurato localmente un buon sistema di riciclaggio
- Discariche. Poche cose sono malignate e diffamate come la discariche. In effetti, le vecchie discariche a cielo aperto erano un disastro per gli ecosistemi: oltre a essere puzzolenti potevano inquinare le falde aquifere per la perdita di percolato. Inoltre, tendevano ad incendiarsi spontaneamente (“autocombustione”) generando ulteriori fumi e puzzi. Le discariche moderne, viceversa, non hanno nessuno di questi problemi. La possibilità di diffusione del percolato è eliminata per mezzo di un letto argilloso. Il percolato si recupera e si tratta per via biologica; i cattivi odori sono ridottissimi e la raccolta del metano prodotto per fermentazione biologica produce elettricità senza incrementare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera (a differenza degli inceneritori). Dopo che la sua fase di vita è terminata, la discarica viene ricoperta di terra sulla quale si può far crescere un bosco o un giardino. Dal 2005, le discariche non potranno piu’ ricevere rifiuti organici, ma questo cambia poco alla situazione. Gli studi degli ultimi anni hanno dimostrato come le discariche siano efficaci sistemi di sequestrazione, dove plastica, carta e biomassa rimangono essenzialmente intatti e in un ambiente inerte e quindi non causano l’immissione di gas serra nell’atmosfera.
- Riciclaggio industriale. La varietà dei prodotti generati dall’industria è tale che un riciclaggio “a valle” ovvero partendo dai rifiuti solidi urbani più o meno differenziati è sempre molto complessa, difficile e costosa. Tuttavia, negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi in questo senso, soprattutto nel riciclaggio della plastica che è oggi spesso autosufficiente dal punto di vista economico. Uno dei problemi, qui, è la concorrenza con gli inceneritori. L’altro problema è che, comunque, il sistema industriale non è un ciclo completamente chiuso, per cui il riciclaggio è possibile solo un certo numero di volte (non si può riciclare ulteriormente la carta riciclata) e comunque richiede energia che, a sua volta, genera rifiuti in forma di CO2. Gli studi di ciclo di vita dei vari sistemi dimostrano, comunque, che il riciclaggio è nettamente migliore dell’incenerimento in termini di CO2 generato.
- Riciclaggio biologico. I materiali di scarto organici (liquami deiezioni, biomassa agricola, eccetera) possono essere, e spesso sono, trattati con metodi naturali tipo depurazione, compostaggio, fermentazione, digestione batterica e altri. Tutti questi sistemi sono molto efficaci e comunque non fanno che accellerare in modo controllato processi naturali che avverrebbero comunque nella biosfera. Il problema è che in questo modo si può soltanto trattare la frazione biologica/organica dei rifiuti. Il resto sfugge.
- Raccolta differenziata, campagne di educazione, legislazione. Si tratta di metodi destinati a ridurre la produzione di rifiuti alla fonte e, in generale, di sensibilizzare il cittadino al problema. Si cerca di far passare il concetto che ci dobbiamo prendere cura dei rifiuti che produciamo e che non possiamo ignorare il problema spedendoli in Africa o bruciandoli (questo è, anche, lo spirito del decreto Ronchi). Notevoli progressi sono stati fatti in questo senso, ma non possiamo dimenticare che si tratta pur sempre di palliativi che non risolvono veramente il problema che stà nella struttura del sistema industriale così com’è oggi.
Conclusione. Non ci sono vere e proprie soluzioni a un problema di squilibrio di fondo dei cicli biologici planetari causato dall’introduzione massiccia di idrocarburi fossili nell’ecosfera. Su tempi brevi, dobbiamo contentarci di palliativi, cercando di evitare i danni peggiori. Possiamo stabilire una “piattaforma politica” di base che potrebbe concentrarsi su:
1. Promozione del riciclaggio come antitetico agli inceneritori. Questo vuol dire non solo raccolta differenziata ma anche sostegno economico concreto alle ditte e alle aziende chs sviluppano e utilizzano tecnologie di riciclaggio.
2. Cauta rivalutazione delle discariche moderne come implementazione della “strategia del gatto” ovvero sequestrazione della plastica e altre sostanze non biodegradabili o poco biodegradabili fuori della biosfera.
3. Incoraggiamento della riduzione alla fonte, soprattutto incoraggiando “cicli chiusi” industriali” per via legislativa (vedi anche la legislazione IPPC (prevenzione e controllo integrati dell’inquinamento) dell’Unione Europea.
A lungo termine, il problema si risolverà soltanto se elimineremo la dipendenza della società industriale dalle fonti fossili. La promozione delle energie rinnovabili (sole, vento, idro, biomassa) è il modo migliore per liberarci anche dalla piaga dei rifiuti.
(Ugo Bardi - docente di chimica all’Università di Firenze
e Presidente della sezione italiana dell’ASPO - www.aspoitalia.net - )